Hiroshima e il nostro senso morale

Analisi di una decisione drammatica

di Paolo Agnoli
con prefazione di Giulio Sapelli

La mattina del 6 agosto 1945 un bombardiere americano sganciò una bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima. La bomba esplose a una altezza di circa 600 metri, sollevando una nube di fumo alta diciassette chilometri e uccidendo all’istante 80.000 persone. Solo 3 giorni più tardi un altro bombardiere fece cadere un secondo ordigno nucleare nel porto della città di Nagasaki. Una nuova epoca della storia dell’umanità era iniziata. L’utilizzo delle bombe atomiche rimane probabilmente la decisione più controversa della storia contemporanea. Ancora oggi non è facile intavolare un dibattito laico e razionale, libero da pregiudizi ideologici, sulle scelte di realizzare e poi usare il nuovo ordigno. Si è trattato di un evento mortale diverso dai genocidi del Novecento: la bomba e la sua deflagrazione sono il frutto di una logica concatenata di scoperte scientifiche, innovazioni tecnologiche, dubbi e crisi di coscienza. Un processo che investe la cuspide direttiva della più grande potenza mondiale e alcuni dei suoi esponenti che sono sin dall’inizio consapevoli del tragico dilemma cui andavano incontro, sin dalla preparazione della bomba, per finire con la distruzione di una moltitudine di vite umane. Il libro descrive questo intricato percorso come un susseguirsi di scelte tragiche e di dilemmi etici. Finire la guerra e non veder più cadere vittime giapponesi e americane? Superare ogni remora consapevoli che non si trattava soltanto della guerra in sé ma anche dell’equilibrio del terrore che si andava delineando nel mondo postbellico? E ancora: qual è la responsabilità dello scienziato rispetto all’uso che il potere politico può fare delle sue scoperte? Vedi anche recensione del professor Roberto Escobar su Il sole 24 ore del 24 febbraio 2013


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